Come trasformare il viaggio in un'esperienza educativa
A quale genitore non è capitato di dover fare un viaggio con i/le propri/e figli/e e, specie le prime volte, di essere assalito da un po’ di preoccupazione e scoraggiamento?
I/Le bambini/e più piccoli/e poi non riescono a stare più di un certo tempo fermi/e sul sedile di un aereo o di un treno, o sul seggiolino dell’auto, ed è giusto che sia così perché è la loro natura.
E se aggiungiamo poi la vergogna che assale i genitori quando sono su un mezzo pubblico e il/la figlio/a si inizia ad agitare e piangere, viaggiare non diventa certo una delle prime priorità.
Eppure gli esperti affermano che viaggiare supporti notevolmente lo sviluppo dei bambini e delle bambine aiutandoli/e ad adattarsi più facilmente a situazioni mutevoli, rendendoli/e più empatici/che verso le differenze culturali, scoprendo nuovi sapori, usanze e paesaggi.
Alcuni genitori, soprattutto quando i bambini e le bambine sono molto piccoli, non vedono l'utilità di viaggiare anzi ritengono che sia più un problema che un vantaggio, spesso convinti che tanto non ricorderanno nulla di quelle esperienze.
Invece non è così.
Vivere determinate esperienze, specie nei primi anni di vita, equivale esattamente al valore della lettura che noi genitori cerchiamo di trasmettere ai nostri figli/e leggendo loro una storia ogni sera prima di dormire. Le abilità che acquisiscono e si imprimono da tali ricordi ed esperienze sono insostituibili.
Robin Hancock, direttrice del Guttman Center for Early Care and Education del Bank Street College di New York ha detto che "Il viaggio ha il potenziale per creare una nuova narrativa che insegni ai bambini e alle bambine le somiglianze con gli altri [e] pone solide basi”.
Il momento più veloce dello sviluppo cerebrale dei/delle bambini/e si verifica nei primi cinque anni di vita, ma in particolar modo nei primi tre. E circondarli/e fin dalla nascita di persone diverse da loro "normalizza" quell'esperienza nella loro mente. Uno studio pubblicato qualche anno fa dal Journal of Personality and Social Psychology sostiene che i/le bambini/e abituati/e a viaggiare crescano addirittura più rispettosi/e verso gli altri.
Ecco perché anche nei viaggi che potrebbero sembrare cosa di poco conto in un processo educativo, se vissuti in un certo modo, c’è il grande potenziale per crescere una generazione che impari a vivere e coesistere con le diversità di ognuno. Viaggiare inevitabilmente renderà i bambini più aperti e liberi da facili pregiudizi, ma diventerà anche occasione di confronto e sviluppo di nuove capacità.
Come può un viaggio diventare un’esperienza educativa utile ancor prima della partenza?
Prima di tutto potremmo parlare insieme della destinazione che verrà raggiunta (se i/le bimbi/e sono più grandi si potrebbe coinvolgerli nella scelta della destinazione). Addirittura il viaggio può diventare un ottimo veicolo per mostrare un utilizzo utile e intelligente degli strumenti digitali.
Molti esperti convengono che sia meglio che il/la bambino/a scopra il tablet, il pc o lo smartphone in compagnia del genitore anzichè in modo autonomo e senza controllo.
E allora quale migliore occasione! Fate insieme una prima ricerca su quali possano essere i luoghi più interessanti da visitare e cercate fotografie e immagini satellitari, scoprendo le caratteristiche di quei luoghi, indirettamente mostrerete anche quanto la tecnologia possa fornirci delle grandi opportunità.
Verificate distanze e percorsi, valutate quali strade prendere e programmate le soste necessarie. Controllate le previsioni meteo sui siti web specializzati, così da prepararvi al meglio per il soggiorno, servirà per ipotizzare quali siano i vestiti più adatti alle temperature del luogo in cui andrete. E magari scoprirete che, anche se due città vivono la stessa stagione, le temperature possono essere anche molto diverse, tanto da condizionare l’abbigliamento da mettere in valigia.
Si potrebbe preparare una lista delle attrazioni più interessanti da visitare. Non solo i bambini e le bambine, ma anche i genitori apprenderanno nuove abilità attraverso questa esperienza, vivendola con più consapevolezza e insieme ai/alle propri/e figli/e. Questo tipo di esperienze e abilità rimarranno e torneranno estremamente utili anche in altri momenti della vita.
Un’esperienza culturale vissuta e condivisa in questo modo fin dall’inizio, dove anche i/le più piccoli/e vengono considerati/e parte integrante del processo partecipativo, diventa un ottimo collante per i rapporti familiari. Il viaggio è decisamente un momento in cui si decide di staccare la spina dalla quotidianità e dedicarsi del tempo e il viaggio condiviso permetterà di vivere anche più in profondità ogni relazione, raccogliendo e fissando ricordi indelebili.
Le esperienze di viaggio inoltre possono diventare anche un ottimo supporto all’apprendimento scolastico, perché attraverso esperienze di vita reale, il viaggio aggiunge tangibilità a ciò che i bambini e le bambine stanno studiando e imparando a scuola.
Come si può massimizzare l’esperienza educativa di un viaggio?
Sicuramente uno degli obiettivi principali di quando si fa un viaggio è visitare le maggiori attrazioni dei posti, i simboli e i luoghi che li rendono famosi.
Ma se desideriamo che il viaggio diventi anche un’esperienza di crescita e confronto personale potremmo pensare di organizzare anche una semplice e rilassante passeggiata in un tranquillo quartiere locale senza particolari attrazioni, ma nel quale salti all’occhio la vita quotidiana di chi ci vive. Come saranno organizzati i venditori locali? Le case sono grattacieli, case singole al piano terra o capanne? Quali sono i profumi che sentiamo e i mezzi di trasporto che vediamo in strada?
Tutte queste domande possono anche diventare un gioco divertente per poter ricordare meglio: ogni volta che si è in luogo non conosciuto ad esempio ognuno può indicare almeno tre cose nuove che non ha mai visto o che si fanno in un modo diverso (pensate alla guida a sinistra in Inghilterra).
Un’altra cosa da fare sicuramente è quella di portare i/le nostri/e figli e figlie in un parchetto di quartiere dove possano incontrare altri/e bambini/e con modi di giocare diversi dai propri o che parlano lingue diverse, e se questo ad un primo impatto potrebbe creare timidezza dopo poco permetterebbe loro di trovare altre strategie e modalità comunicative per giocare insieme. E cos’è questo se non permettere loro di acquisire nuove competenze e sostenere il loro sviluppo?
Il viaggio come trasmissione di valori e allenamento alla pazienza.
A volte come genitori quello che ci spaventa di più nei viaggi è la paura che i/le nostri/e figli/e non abbiano la capacità di sopportare le attese, gli imprevisti, i cambi di programma che potrebbero sicuramente accadere anche in un viaggio completamente organizzato nei dettagli.
Vale quindi la pena chiedersi se il messaggio che noi vogliamo dare loro è: “resta solo dove hai sempre tutto sotto controllo” oppure “esci dalla tua zona di comfort e supera i tuoi limiti”.
I figli ci osservano in ogni cosa che facciamo, imparano dalle nostre azioni e comportamenti, non da quello che gli diciamo a parole. E se saremo noi i primi ad uscire dalla nostra zona di comfort, provando ad organizzare un viaggio anche quando pensiamo che non ce la faremo, questo sarà già un grande messaggio per loro.
È chiaro che le cose si fanno un piccolo passo alla volta, e se crediamo che i/le nostri/e figli/e ancora non abbiano sviluppato molta pazienza o siano troppo piccoli/e e abbiano ancora bisogno della sicurezza delle loro routine giornaliere, il nostro primo viaggio sarà una piccola gita fuori porta, che possa mettere alla prova non solo loro, ma soprattutto noi.
Perché i primi a dover essere pronti non sono i/le bambini/e, ma siamo noi adulti che spesso abbiamo verso i/le nostri/e figli e figlie delle aspettative eccessive e poco equilibrate.
La pazienza, il saper stare nell’attesa, è un’abilità che si impara con l’allenamento volta per volta. E non la si può pretendere all’improvviso dai/dalle nostri/e figli/e se non siamo stati noi a metterli/e nelle condizioni di sperimentare anche la frustrazione che l’attesa può portare.
Spesso dopo la prima mezz’ora di viaggio iniziano ad arrivare le prime domande: “quanto manca?”, “tra quanto arriviamo?”, “siamo arrivati?” … come rispondere e tenere a bada queste domande che sono oltretutto così legate alla comprensione del passare del tempo?
I bambini e le bambine fino ai 6 anni non riescono a comprenderlo perché ragionano ancora su ciò che è concreto e tangibile. Percepiscono sì lo scorrere del tempo, ma sulla base di momenti precisi che possono vivere. Comprendendo bene i loro bisogni possiamo aiutarli ad affrontare meglio l’attesa e di riflesso noi riusciamo ad essere più sereni.
Se ad esempio dobbiamo affrontare un viaggio di un’ora e mezzo potremmo ipotizzare di organizzare dei momenti precisi che scandiscano il viaggio, tipo trovare un podcast per i/le più piccoli/e da ascoltare in auto che duri mezz’ora e dire che alla fine del podcast sarà già trascorsa mezz’ora. Si può poi fissare una tappa successiva dopo un’altra mezz’ora per poter mangiare qualcosa. I bambini sapranno ora che mancherà quindi solo un’altra mezz’ora alla fine del viaggio.
Il viaggio, e soprattutto il modo in cui si decide di viverlo, rispecchia molti dei valori che abbiamo deciso di trasmettere quotidianamente ai nostri bambini e alle nostre bambine. Perché dentro ci troviamo il rispetto di ogni cultura e delle usanze diverse dalle nostre, la curiosità di scoprire ciò che non conosciamo e ciò che in altri luoghi è simile a noi ma pur sempre diverso.
E soprattutto nel viaggio c’è la voglia di sentirsi accolto in un posto diverso dalla nostra casa che ci racconta la bellezza dell’accoglienza verso l’altro.