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Perché? Perché? Perché?

Come gestire la fase dei perché

Mamma, papà…perché, perché, perché?!?!?

Si sa, a partire dai due anni circa, per ogni bambino o bambina inizia quella fase in cui le domande sono come le ciliegie, e davvero una tira l’altra!

È il momento in cui la naturale tendenza dell’essere umano verso la curiosità si apre al mondo, una fase caratterizzata da una vera e propria sete di conoscenza, e difatti non a caso ciò avviene in concomitanza allo sviluppo del linguaggio ed alla sua fase esplosiva, che possiamo osservare proprio a partire dai due anni circa.

È in questo periodo che il bambino o la bambina inizia ad avere una sempre maggiore consapevolezza di ciò che lo circonda, ed essendo capace ormai di manifestare il proprio pensiero attraverso il linguaggio, inizia a chiedere a noi adulti di riferimento, il perché di ogni piccola o grande informazione con cui entra a contatto.

Perché il cielo è azzurro? Perché devo dormire? Perché gli aerei hanno le ali? Perché il gatto fa le fusa? Perché respiriamo?

Queste sono solo alcune delle innumerevoli domande a cui tutti noi genitori siamo, a un certo punto, chiamati a rispondere.

La necessità ed il desiderio di comprendere la realtà non sono comunque i soli fattori che spingono i nostri bambini e le nostre bambine a porci i più svariati interrogativi: in questo processo è intrinseco, e non di secondaria importanza, anche il bisogno di relazionarsi ed interagire con noi genitori in modo sempre più approfondito, ed in questo senso i loro perché sono lo strumento di confronto più immediato. Il bambino o la bambina non fa altro che provare a vedere il mondo con gli occhi del genitore, suo naturale punto di riferimento, e dunque con i suoi mille perché richiama di fatto la nostra attenzione.

 

Come affrontare al meglio questa fase

Le prime occasioni in cui i/le nostri/e figli/e iniziano a porci le più disparate domande sono di solito motivo di gioia e stupore. Ci rendiamo conto che il nostro bimbo, o la nostra bimba, sta crescendo, sta iniziando il suo percorso nel mondo delle scoperte, e di solito ci rallegriamo di poter soddisfare la loro curiosità.

Tuttavia, passato un po' di tempo, la fase dei perché può divenire un po' difficile da gestire, in special modo se il nostro bambino o bambina è particolarmente propenso/a a questo tipo di scambio continuo, che in alcuni momenti può apparirci analogo ad un vero e proprio “bombardamento”.

Per cercare di mantenere la serenità ed il focus sulle giuste modalità di interazione con i/le nostri/e figli/e possiamo:

  • Prestare la massima attenzione possibile, ascoltare con reale interesse: non esistono domande inutili o sciocche, ricordiamoci che per i/le bambini/e anche l’interrogativo apparentemente più ovvio o assurdo non è mai banale, bensì importante e di valore,  in quanto costituisce un tassello di esperienza di cui hanno bisogno.
  • Ricordare che questa fase è una tappa fondamentale dello sviluppo cognitivo: il bambino o la bambina inizia ad imparare non solo attraverso i cinque sensi, ma anche mediante la rappresentazione intellettuale della realtà (ciò avviene in special modo a partire dai 5/6 anni).
  • Mantenere la consapevolezza che si tratta di una fase, e che dunque come tutte le altre fasi, passerà. E a quel punto, probabilmente, essere il continuo bersaglio delle domande dei/delle nostri/e figli/e, ci mancherà.

Spesso può accadere che il nostro  piccolo interlocutore non appaia soddisfatto dalle nostre risposte, per cui continuerà ad interrogarci con una serie di quesiti concatenati, anche quando magari pensiamo di aver già esaurito l’argomento. In questi casi, l’inestinguibile curiosità che ci piove addosso potrebbe causare frustrazione in noi genitori; per evitare che ciò accada, e che la comunicazione con i/le nostri/e figli/e si interrompa bruscamente, possiamo provare a fermarci un attimo e riflettere, prima di fornire la risposta, interrogandoci su quello che davvero può risultare esaustivo per il nostro bambino o la nostra bambina, nella sua specifica unicità.

Di seguito, alcuni accorgimenti che possono essere utili in questa fase, partendo comunque dal presupposto che la migliore guida è sempre l’osservazione. Sintonizziamoci con i/le nostri/e figli/e: se poniamo attenzione al bambino o alla bambina, ai suoi bisogni ed ai suoi interessi, sarà più semplice capire quali possono essere le risposte più adeguate da formulare per soddisfare la sua curiosità.

  • Dare risposte coerenti e sensate, che siano il più possibile fedeli alla realtà dei fatti: i/le bambini/e desiderano apprendere, e se è vero che la realtà deve necessariamente essere filtrata da una lente che la renda comprensibile per l’età di ciascuno, è altrettanto vero che sviare gli argomenti o liquidarli con risposte sommarie o non veritiere non serve a nulla, e rischia anzi di diventare controproducente. In questo caso, infatti, il bambino o la bambina tenderà a formulare nuove domande per comprendere ciò che di vago ha intuito nella risposta ricevuta. Inoltre, fornire risposte inesatte finirebbe per minare la fiducia che i/le nostri/e figli/e ripongono in noi.
  • Rispondere specificamente a ciò che chiedono, nel modo più breve e sintetico possibile, senza ampliare il discorso oltre l’argomento prescelto, se non è il bambino o la bambina a chiederlo. Infatti, i/le bambini/e generalmente pongono solo le domande per le quali sono pronti/e a sentire la risposta, per cui è consigliabile non andare troppo oltre, con discorsi più vasti che magari potrebbero confonderli/e. Ciò è particolarmente importante soprattutto quando i/le bambini/e sono molto piccoli/e, in quanto fino ai 5/6 anni risulta difficile sostenere e comprendere spiegazioni eccessivamente articolate.
  • Evitare di ridere della domanda posta. A volte può essere difficile, i/le nostri/e bambini/e sono talmente creativi/e e sinceri/e che i perché formulati possono risultare davvero molto buffi e divertenti. Cerchiamo però di prenderli sempre sul serio, è importante per calibrare bene la fiducia e l’autostima dei/le nostri/e bambini e bambine.
  • Cercare insieme la risposta. Nel caso in cui noi non siamo certi di quale sia il riscontro corretto, anziché inventare una risposta magari inesatta o strampalata, potremmo proporre al nostro bambino o bambina di cercarla insieme: in questo modo soddisfare la sua curiosità diventa anche un gioco di squadra.
  • Coinvolgiamolo/a nella risposta, facendolo/a riflettere sulla situazione, e proponendo al bambino o alla bambina di formulare una propria ipotesi personale. Questo approccio stimola i/le bambini/e all’utilizzo del pensiero critico, e può rivelarsi un proficuo strumento di apprendimento e sviluppo delle capacità cognitive. Potremmo provare quindi a rispondere tramite domande aperte, come “Tu cosa ne pensi?”, “A che cosa potrebbe servire?”.

 

Domande “scomode”?

A volte, potrebbe sembrarci particolarmente difficile rispondere ad alcune domande poste dai nostri bambini e bambine. Argomenti quali ad esempio la morte o la sessualità, generano nei/nelle nostri/e figli/e leciti interrogativi che però spesso finiscono per metterci in imbarazzo nel fornire la risposta “giusta”. Di certo, è consigliabile parlare di qualunque argomento con i/le bambini/e, per i quali noi rappresentiamo un punto di riferimento imprescindibile. Per cui, potremmo provare ad interrogarci sui motivi di questa nostra difficoltà nel trattare alcuni argomenti. Probabilmente tale difficoltà non riguarda oggettivamente la domanda posta (ricordiamoci che qualunque domanda inerente il mondo che circonda i/le nostri/e figli/e è lecita), bensì il fatto che queste tematiche toccano in qualche modo le corde della nostra vulnerabilità, per motivi soggettivi che variano per ciascuno di noi. Potremmo allora provare a lavorare su noi stessi, sulle nostre fragilità ed insicurezze, e in questo modo diverrà più semplice anche interagire con i nostri figli su questi temi.

In alcuni casi, potrebbe essere necessario interrompere la “catena dei perché”. Potremmo ad esempio trovarci in un momento di particolare stanchezza per cui non riusciamo a star dietro alle domande dei/le nostri/e piccoli/e, o perché non siamo dell’umore giusto per sostenere questo tipo di conversazione, oppure perché ci troviamo in una situazione in cui bisogna convincere il nostro bambino o la nostra bambina che è il momento di fare altro, come andare a scuola al mattino, o sedersi a mangiare la cena. In questi come in altri casi, bisogna trovare il modo di porre dei limiti, cercando tuttavia di mantenere la serenità nella comunicazione e nella relazione:

  • spieghiamo con calma la situazione, e il motivo per il quale, al momento, non ce la sentiamo o non possiamo rispondere. Rassicuriamo il bambino o la bambina che potremmo riprendere la conversazione in un secondo momento;
  • dirottiamo l’attenzione del bambino o della bambina verso un’altra attività, se possibile da fare comunque insieme, come ad esempio preparare la cena o andare a fare una commissione,
  • annotiamo su un foglietto, insieme al bambino o alla bambina, la domanda posta, decidendo di comune accordo il momento della giornata in cui potremo dedicarci a riprendere l’argomento.

Infine non dimentichiamo mai che...

La curiosità è la radice della conoscenza

Abraham Joshua Heschel

 

Buona fase dei perché!

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