Negli ultimi decenni l’atteggiamento nei confronti del bilinguismo è decisamente cambiato e soprattutto migliorato. Nel tempo si erano consolidati diversi falsi miti che consideravano l’apprendimento di due o più lingue simultaneamente non solo un limite, ma anche causa di problematiche più serie, come la balbuzie. Idee queste che causavano non poche preoccupazioni in genitori e insegnanti, tanto da decidere di gettare la spugna e abbandonare l’idea dell’insegnamento di una delle due lingue madri.
In realtà non esiste alcuna prova che il bilinguismo causi queste problematiche, anzi molti studi ci dicono esattamente il contrario!
Patricia Kuhl, co-direttore dell'Institute for Brain and Learning Sciences dell'Università di Washington, studia come impariamo la lingua da piccoli, osservando il modo in cui il nostro cervello si forma attorno all'acquisizione della lingua. Attraverso i suoi studi ha potuto constatare come i bambini e le bambine, fin da piccolissimi, sono dei veri e propri “cittadini del mondo, in grado di distinguere tutti i suoni di tutte le lingue. Questo è davvero notevole perché noi adulti non possiamo farlo, siamo uditori legati esclusivamente alla cultura in cui siamo immersi.” Possiamo distinguere (e ripetere molto bene) i suoni della nostra stessa lingua, ma non quelli delle lingue straniere.
I neonati invece dimostrano sofisticate capacità di percezione del linguaggio già subito dopo la nascita. Come i loro coetanei monolingui, quelli bilingui nel primo anno di vita sono assolutamente in grado di discriminare entrambe le proprie due lingue.
Miti da sfatare
1. Il bilinguismo crea disturbo del linguaggio nel bambino e nella bambina.
Niente di più falso!
È una pura credenza dovuta probabilmente al verificarsi talvolta di un tempo lievemente maggiore che impiegano alcuni/e bambini/e multilingue nell’arricchimento del loro vocabolario e nella capacità di produrre frasi complesse rispetto a coetanei che parlano una sola lingua.
Ma la ricerca scientifica ci dice che questo è assolutamente normale in quanto, se noi sommassimo tutti i vocaboli conosciuti da un/una bambino/a in entrambe le lingue che sta apprendendo, questo numero corrisponderebbe complessivamente alla quantità di vocaboli che conosce un/una bambino/a monolingua.
Un ritardo del linguaggio non può essere mai essere considerato un problema causato dal parlare più di una lingua, né tantomeno può essere considerata una pratica che potrebbe peggiorare un ritardo linguistico diagnosticato.
Quindi non bisogna aver timore di esporre i/le propri/e figli/e a più lingue per paura che possa scatenarsi un ritardo linguistico, né tantomeno per paura che possa peggiorare un disturbo diagnosticato. Poter apprendere fin da piccoli più di una lingua può apportare esclusivamente dei vantaggi sociali e cognitivi alla vita di un bambino o di una bambina.
2. L’ascolto di più di una lingua crea confusione nella mente del bambino e della bambina
Anche questa credenza probabilmente si è consolidata sentendo spesso bambini bilingui che in una stessa frase mischiano vocaboli delle due lingue che stanno apprendendo. Quando i bambini e le bambine sono piccoli mischiare le lingue non è sinonimo di confusione, ma appartiene semplicemente ad un normale momento evolutivo della loro crescita. È solo dall’età di circa quattro o cinque anni che si inizia a sviluppare nella nostra mente una consapevolezza metalinguistica che ci permette di riflettere sull’uso di una lingua piuttosto che di un’altra. Anche perché il cervello è in grado di apprendere le due lingue in maniera indipendente l’una dall’altra.
Il mixaggio delle lingue ad un certo punto della crescita scompare autonomamente e senza necessità di alcun intervento. Accade che il/la bambino/a ricorra al mixaggio delle lingue perché magari non conosce alcuni vocaboli nella lingua in cui ha iniziato la frase e la completa con il vocabolo adatto dell’altra lingua. Le frasi mixate infatti risulteranno comunque pertinenti e di senso compiuto. Il mixing linguistico andrebbe valutato positivamente perché significa che il cervello è in grado di attivare autonomamente delle strategie cognitive per raggiungere il proprio obiettivo: comunicare qualcosa! Inoltre dimostra che il/la bambino/a sta acquisendo la capacità (non scontata) di alternare e cambiare simultaneamente il proprio codice linguistico.
Il bilinguismo va sempre sostenuto là dove è possibile, anche se a volte può essere faticoso. Ormai esistono prove certe di come questo apporti benefici cognitivi che possono oltretutto contribuire a migliorare le prestazioni scolastiche, ma non solo.
Una lingua che appartiene alla propria famiglia, anche se soltanto ad uno dei due genitori, ha un valore culturale ed emotivo molto importante nella vita del bambino o della bambina e il suo insegnamento andrebbe sempre tenuto in considerazione perché gli permette di entrare in connessione con una parte della sua famiglia e della sua cultura, dalla quale altrimenti sarebbe in gran parte tagliato/a fuori.
Sundara, M., Wards, N., Conboy, B. e Kuhl, PK (2020, in corso di stampa). L'esposizione a una seconda lingua durante l'infanzia altera la produzione del linguaggio. Bilinguismo: linguaggio e cognizione.
Ferjan Ramírez, N., Lytle, S. e Kuhl, PK (2020, in corso di stampa). Il coaching dei genitori aumenta i turni di conversazione e fa avanzare lo sviluppo del linguaggio infantile. Atti dell'Accademia Nazionale delle Scienze.
Lin, J.-FL, Imada, T. e Kuhl, PK (2019). Neuroplasticità, bilinguismo e matematica mentale: uno studio comportamentale-MEG. Cervello e cognizione, 134, 122–134.
Patricia Kuhl: il genio linguistico dei bambini - https://www.ted.com/talks/patricia_kuhl_the_linguistic_genius_of_babies
Bilingualism in the Early Years: What the Science Says
Krista Byers-Heinlein and Casey Lew-Williams - https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC6168212/