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Gli argomenti difficili

Come affrontare temi delicati con i/le bambini/e
 
Pandemia e guerra: narrare questo periodo storico ai bambini
I/Le bambini/e fanno domande, tante, a volte pensiamo siano troppe. Quando qualcuno, grande o piccolo che sia, pone una domanda esprime innanzitutto un bisogno di conoscenza, di riscontri, il più possibile soddisfacenti. Per quanto la richiesta possa essere scomoda e di difficile risposta, è importante ricordare che certamente quel dubbio ha smosso qualcosa: un pensiero, una reazione, un’emozione. 

Dare risposta significa (ri)stabilire un equilibrio. 

Viviamo in un momento storico molto complicato: tanti/e bambini/e sono nati/e nel bel mezzo di una pandemia, altri/e hanno appena conosciuto nuovi compagni di classe, bambini/e come loro scappati dal proprio paese per fuggire dalla guerra. Uno scontro che è sulla bocca di tutti ma che nessuno vorrebbe dover visualizzare e raccontare, soprattutto ai/lle più piccoli/e. Sembra quasi di fargli un torto, di rovinare quella spensieratezza che caratterizza l’infanzia. 

La morte è uno sfondo comune a queste che sono solo alcune delle tante questioni mondiali che potrebbero destare preoccupazione. I/Le bambini/e ne sentono parlare, magari ascoltano qualche notizia alla tv o alla radio, si confrontano con i/le compagni/e, raccolgono informazioni mentre i genitori parlano. Il loro cervello è come una spugna, capta e cerca di elaborare ma non è abbastanza maturo per poterlo fare in autonomia. I/Le bambini/e hanno bisogno di risolvere i propri dubbi con l’accompagnamento degli adulti: le loro guide. 

Ma perché spesso si ha paura delle domande dei/lle bambini/e? Di fatto argomenti importanti smuovono anzitutto la nostra emotività, che non sempre è così forte da supportare la tristezza o fatica delle persone a noi più care; ci sentiamo spiazzati e impotenti, vorremmo avere la certezza di saper dire le parole più giuste e indicate. Questa “titubanza” fa emergere un insegnamento importante: anche gli adulti hanno bisogno di allenarsi ad accettare, accogliere e raccontare il contesto che li circonda. La comunicazione con i/le bambini/e non è immediata, richiede esercizio e anche qualche errore per cercare il giusto equilibrio, per essere il più possibile capiti da chi abbiamo di fronte, chiari e senza fraintendimenti ma anche comprensivi, onesti e sinceri.

Conoscere e far conoscere è sicuramente la prima “arma” che abbiamo per costruire consapevolezza e abbattere il muro della paura; come adulti abbiamo la grande responsabilità d’essere il ponte tra quanto accade nel mondo e l’interpretazione che ne danno i/le nostri/e figli/e. Le domande che ci vengono poste sono grandi occasioni che abbiamo per dimostrare ancora una volta che possiamo essere un porto sicuro, che i grandi temi di attualità fanno parte della vita, del vissuto che stiamo costruendo. Siamo adulti, più sapremo rimanere fermi, autorevoli e affidabili e più potremo “leggere” il mondo e interpretarlo “a misura di bambino/a”. E non perché dobbiamo sminuire la portata dell’argomento trattato, bensì per mostrare sicurezza anche quando ci sembra impossibile. Questo aiuterà noi ma, soprattutto, i/le nostri/e bambini/e che continueranno a sapere di poter contare su chi gli sta accanto.

Come possiamo parlare efficacemente con i/le nostri/e figli/e di argomenti o situazioni difficili?
Avere a che fare con i/le bambini/e ci insegna da sempre una cosa importantissima: andare piano, non avere fretta, seguire il corso delle cose.
Il genitore, l’insegnante o l’educatore non devono essere sempre e per forza pronti e a disposizione, con la risposta giusta e più corretta. I/Le bambini/e non si aspettano questo, forse siamo più noi che abbiamo bisogno di sentici “capaci”. La nostra competenza genitoriale non si misura con le mere conoscenze, ma anche attraverso il modo con cui le trasmettiamo.

Di fronte a una domanda spiazzante o per cui non abbiamo certezza di dare informazioni corrette possiamo decidere di prenderci del tempo e comunicare che provvederemo a cercare quel che non sappiamo. 

Possiamo rispondere con frasi che valorizzino la domanda e allo stesso tempo mostrarci interessati a trovare delle risposte.

“Che domanda interessante! Complimenti per averla posta. Al momento non so risponderti ma mi segno quello che mi hai chiesto così posso informarmi per te”.

“Ti incuriosisce questo argomento? Dove hai sentito parlarne?”

“Ora non posso risponderti ma lo farò presto, non appena raccolgo tutte le informazioni necessarie”.

“Che bello che mi poni questa domanda, al momento non conosco la risposta ma sicuramente la cercherò per te!”

Non dimentichiamo che possiamo farci aiutare da libri, ma anche film o documentari. Non ci serve qualcosa che semplifichi e/o stravolga il senso di quanto vogliamo trasmettere, abbiamo bisogno di parole e racconti vicini alla realtà ma con un linguaggio comprensibile per l’età del nostro bambino o bambina. 

Spiegazioni semplici, frasi brevi e chiare, fatti reali che non significano dettagli macabri, ma nemmeno storpiature del reale. Possiamo raccontare che è in corso una guerra, possiamo fornire una piccola spiegazione storica delle cause ma possiamo tranquillamente evitare di scendere nel dettaglio delle azioni belliche. Allo stesso modo per qualunque altro argomento complesso o informazione “tabù” per cui vorremmo procrastinare il confronto con i/le bambini/e il più a lungo possibile: atteniamoci alla realtà.

Accanto al racconto dei fatti poniamo attenzione alla narrazione emotiva. Ogni emozione è sempre accettata e lecita e contemporaneamente ha proprio bisogno d’essere vissuta per poter essere superata. Non possiamo privare i/le nostri/e figli/e della sofferenza, della tristezza causata da alcune notizie o fatti accaduti vicino loro, ma possiamo fornire gli strumenti per interpretarli al meglio e magari cercare una soluzione.

Essere empatici e capire le loro emozioni senza negarle permette al/la bambino/a di fare ordine tra i pensieri, dare un nesso logico a quel che sembra più confuso e soprattutto sentire che va bene provare quel tipo di emozioni, che non sono sbagliate anche se appaiono difficili da accettare. Si tratta di perseguire lo sviluppo di quella che lo psicologo Daniel Goleman ha definito “intelligenza emotiva”, ossia la capacità di riconoscere i propri sentimenti e quelli degli altri, di motivare se stessi e di gestire positivamente le proprie emozioni tanto interiormente quanto nelle relazioni sociali. 

Possono aiutarci frasi che mettono al centro il sentire emotivo:

“Ti capisco! Anche io se fossi in te mi sentirei così...”

“È normale sentirsi così, il tuo corpo è triste ed è giusto rispettare quel che senti...”

“Come ti senti? Hai paura? Io sono qui per te, accanto a me sei al sicuro”

“Ti va di raccontarmi cosa provi? Sai, anche a me è successo una volta che…”

A questo punto abbiamo preso atto di quanto accade, attivato la nostra personale narrazione emotiva, non ci resta che cercare insieme delle piccole o grandi soluzioni: azioni che risultano alternative valide allo sconforto personale e allo stesso tempo gesti che potrebbero fare la differenza anche per altri. 

Come possiamo alleviare la quarantena di un amico?
Cosa potremmo fare per sostenere i volontari che accolgono i rifugiati di guerra?
Che cosa significa per noi impegnarsi per evitare che la pandemia perduri? Che comportamenti possiamo attivare nel nostro piccolo?

Cosa evitare quando ci confrontiamo con i/le bambini/e su temi delicati?
Come prima cosa ricordiamo che abbiamo di fronte persone intelligenti, desiderose di imparare. Evitiamo quindi le classiche “bugie bianche”: i bambini si fidano di noi e non ci chiedono finte spiegazioni bensì i reali “perché" delle cose.
Selezioniamo con attenzione i contenuti a cui ci vogliamo “appoggiare”: fotografie, video, cartoni o documentari, meglio se prima passano sotto la nostra visione così da essere sicuri che siano adatti all’età del nostro bambino o della nostra bambina.
Se l’argomento in questione smuove il nostro equilibrio assicuriamoci che, laddove si apra una dialogo con i/le più piccoli/e, sappiamo comunque essere un valido supporto trattenendo le nostre reazioni più evidenti per lasciare spazio a sensazioni propositive come sicurezza, forza e assenza di giudizio.
Evitiamo di banalizzare o sminuire le emozioni del/la bambino/a che ci sta parlando: ogni stato d’animo è importante e merita attenzione e soprattutto non c’è un sentimento più o meno giusto di altri.
Parliamo cercando il contatto visivo e la totale concentrazione; cerchiamo durante la giornata un momento di quiete per poter aprire una “finestra di dialogo” e attivare un confronto costruttivo.
Affrontare l’attualità significa sviluppare nei/lle bambini/e, gli adulti di domani, un senso critico attento, capace di porsi i giusti interrogativi e smuovere la creatività con la quale l’uomo, spesso, trova soluzioni nuove e resilienti.

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