Giochi con me? Una frase che ognuno di noi ha sentito o pronunciato centinaia di volte. Ma ci siamo mai soffermati a pensare quale significato sia racchiuso in queste tre semplici parole?
Proviamo a farlo ora assieme cercando anche di pensare a ciò che succedeva a noi quando eravamo bambini/e. Quando ponevamo questa domanda e la risposta “si” o “no” modificava il nostro stato d’animo, quando speravamo che qualcuno ci chiedesse di giocare, quando il “con me” riempiva il senso di solitudine o faceva paura.
Questo piccolo esercizio è fondamentale per capire ciò che gli studiosi hanno affermato già nel 1700 come ad esempio il pedagogista e filosofo J.J. Rousseau che ci dice che la natura vuole che i/le bambini/e siano bambini/e prima di diventare adulti/e.
Vi è mai capitato di sentirvi dire da vostro/a figlio/a: ma io sono grande!! O al contrario, sono solo un/a bambino/a!
Questo significa che l’agire educativo deve considerare i bisogni e le esigenze dei/delle bambini/e che sono molto spesso racchiuse nel movimento, nell’esplorazione, nel gioco. Giocare insieme vuol dire costruire un bagaglio di esperienze cognitive, emotive, motorie sociali ecc. È bene che l’esperienza gioco sia libera tra pari, perché possano non solo divertirsi e /o arrabbiarsi ma mettersi alla prova, sperimentare, sbagliare, cadere e rialzarsi per “diventare” ciò che già sono: persone uniche e irripetibili.
Diamo ora un significato alle parole per poter comprendere al meglio cosa un/a bambino/a vuol comunicare quando le pronuncia.
Gioco: esperienza ludica che permette al soggetto di manifestare la propria attività personale, spontanea e intenzionale indispensabile alla dinamica della crescita. (Dizionario di Pedagogia Clinica G. Pesci - M. Mani Ed. Scientifiche Isfar Firenze).
Con me implica una condivisione, un dividere con. Ma cosa si divide veramente? Il giocattolo? Il giocare? O cos’altro ancora?
Possiamo pertanto dire che è un significato che va certamente oltre le parole, racchiude infatti gesti, comportamenti, pensieri, emozioni, azioni e molto altro ancora.
Gli studiosi considerano il gioco un importante fattore di sviluppo perché permette al/alla bambino/a di sperimentare prima e di consolidare poi nuove competenze sia cognitive sia socioaffettive.
Solo con questa ultima affermazione possiamo capire quanto sia importante quindi, per un bambino e per una bambina giocare e in modo particolare giocare con altri/e bambini/e.
Giocare richiede competenze specifiche?
L’azione del giocare richiede conoscenze, attenzione, memoria, relazione, tutti processi che, soprattutto nella prima infanzia sono in continuo sviluppo. Ogni esperienza è l’occasione per sperimentare aspetti nuovi o consolidare quelli già acquisiti. Giocare diviene occasione di conoscenza di sé e dell’altro, diviene tempo e spazio in cui capire non solo cosa mi rende felice e cosa no, ma anche cosa mi piace, cosa mi riesce facile e cosa difficile.
Essendo implicata la relazione con l’altro il gioco permette anche di mettersi alla prova dal punto di vista socio-relazionale, permette di condividere, di confrontarsi. Il giocare diventa una vera palestra di vita. All’inizio si divide un giocattolo, uno spazio, un ruolo, una regola, ma questo diventa funzionale a destreggiarsi nel dividere poi del materiale, degli amici, un lavoro, una gioia.
E se durante il gioco i/le bambini/e si arrabbiano? Litigano e fanno affermazioni del tipo: è mio! Non gioco più con te! Cosa sta succedendo?
Nulla di grave. Stanno sperimentando il conflitto che fa pienamente parte del gioco. Il conflitto serve a conoscere relazioni nuove, comportamenti da gestire diversamente, emozioni da conoscere e ascoltare.
Molto dipende da come interviene l’adulto. Può prendere le difese di uno/a o dell’altro/a bambino/a e in ogni caso il comportamento risulterebbe scorretto, in quanto entrambi/e i giocatori e le giocatrici hanno le loro ragioni, entrambi/e hanno giocato secondo le loro emozioni. Arrabbiarsi, piangere, non giocare più, comunica sempre un bisogno. Pertanto vanno accolti/e entrambi/e nel loro comportamento ed è importante offrir loro diverse risposte affinché possano riconoscersi in una di queste senza sentirsi in fallo, senza essere sgridati/e o ancor peggio giudicati/e. Nel gioco di relazione non c’è chi vince e chi perde ma c’è per l’appunto una relazione, uno stare insieme e condividere.
Per i/le bambini/e quanto difficile può essere condividere?
La condivisione è un concetto molto difficile da apprendere anche se si parla di gioco. I/Le bambini/e vanno accompagnati/e alla scoperta delle differenti attività ludiche affinché possano farne esperienza, possano capire cosa significa, apprendere e conoscere i principi, le regole, le strategie le risorse necessarie che costituiscono il gioco. Non dimentichiamoci poi che il/la compagno/a di gioco fa la differenza, ogni compagno/a di gioco che si incontra ha i propri interessi, desideri, curiosità e possono esserci maggiori o minori sintonie. Il bambino, la bambina impara anche a fare questo: scegliere con chi giocare.
E se noi adulti dobbiamo scegliere un giocattolo a cosa dobbiamo prestare attenzione?
Prestiamo certamente attenzione alle caratteristiche del gioco. Ad esempio è un gioco che prevede un’attività prettamente individuale, duale o di gruppo? È un gioco da costruire oppure un gioco in cui c’è già una strutturazione e/o una “consegna”?
Se ad esempio ci troviamo in una situazione di gruppo evitiamo di proporre giocattoli dove può giocare un/a bambino/a solo/a per volta.
Un gioco a turni richiede tempi di attesa ma non sempre i/le bambini/e sono pronti a rispettarli!