Sapersi fermare per lasciare spazio agli altri o vivere un tempo di pausa da ciò che stiamo facendo non sono qualità innate, richiedono esercizio e pazienza, volontà e ricerca di strategie personali che permettano di gestire al meglio quel tempo.
Saper attendere è una capacità del singolo individuo che riversa un notevole impatto sul benessere sociale: pensiamo a tutte le occasioni in cui come adulti, senza il filtro che ci permette di vivere l’attesa, finiremmo in uno stato di rabbia più o meno incontrollabile.
Quante volte contestualmente agli ambiti della nostra vita ci viene chiesto di aspettare?
Porsi una domanda simile può sembrare banale, ma non è scontato partire dalla propria personalità per capire sempre di più se ciò che ci aspettiamo dai/lle nostri/e figli/e sia davvero in linea con le loro capacità e competenze.
I/Le bambini/e invece nascono senza l’idea di cosa sia l’attesa, senza la comprensione del tempo che scorre e con una visione totalmente egocentrica del mondo: mamma, papà e adulti sono a completa disposizione, “se ho il bisogno di qualcosa loro lo soddisfano”.
Quando parliamo di attesa possiamo prendere in considerazione 3 aspetti importanti:
- Il concetto stesso di attesa: stare fermi in un punto, attendere il proprio turno mentre si gioca, aspettare la cottura della pasta o altro;
- La percezione del tempo: “quanto manca?” è una delle domande che più ricorrono nell’età infantile, ma è assolutamente giustificata dalla necessità di avere un riscontro concreto dello scorrere del tempo;
- La condivisone degli spazi quotidiani: non esisto solo io, anche le persone intorno a me hanno dei bisogni o semplicemente compiti da portare a termine nel corso della giornata.
Se desideriamo che i/le nostri/e figli/e diventino persone pazienti, senza particolari problemi a gestire un momento di attesa, dobbiamo mostrargli nel concreto come possono fare: l’esempio è un grande maestro e permette a chi vive con noi di conoscere e apprendere, o fare propria, una modalità d’azione adatta.
Certamente però non basta. Mamme e papà, insegnanti ed educatori devono anche calibrare le proprie aspettative sulla base di quanto il/la bambino/a ha vissuto (e acquisito come competenza) e sta vivendo;
per esempio, al parco giochi, il/la bambino/a è in grado di aspettare che si liberi l’altalena tanto desiderata o percepisce subito una frustrazione a tratti ingestibile?
Cosa posso fare in quella data situazione (o momenti simili)?
Teniamo a mente 3 passaggi che possono aiutare anche noi adulti a mettere in atto un intervento efficace e di supporto al superamento della crisi:
- Accogliere l’emozione.
Accogliamo la reazione e accettiamo che sia così, respiriamo profondamente e immaginiamo quali parole o azioni potrebbero aiutarlo/a: in questa situazione è lui/lei ad essere molto più in difficoltà rispetto a noi.
3. Forniamo la visione d’insieme, le possibili alternative o le azioni che avvicinano il/la bambino/a al soddisfacimento del proprio desiderio.
Per ogni situazione c’è una soluzione razionale, ma quando il cervello umano è in preda a emozioni forti non è in grado di formularne; in quel caso chi è con noi può fare la differenza.
La pazienza ha bisogno di esercizio
Far vivere ai/lle bambini/e situazioni di attesa non è qualcosa da cui scappare. Maggiori occasioni diamo al loro cervello di calibrarsi anche in momenti “scomodi”, maggiore sarà la velocità con cui verranno acquisite le competenze necessarie a superare in autonomia precise difficoltà.
Il gioco spesso veicola competenze importanti.
Fare a turno, aspettare che l’altro abbia finito, attendere che “si liberi” un oggetto per poterlo utilizzare sono azioni che consentono di costruire il proprio sé “sociale”; non possiamo pensare che questo accada da un giorno all’altro.
Se ci accorgiamo che in presenza di altri bambini nostro/a figlio/a vuole “tutto e subito”, senza considerare che alcuni giochi siano già occupati da altre persone, il primo pensiero che possiamo avere per aiutarlo/a è per esempio evitare il parco giochi in orari di punta e magari prevedere situazioni più “facili” in cui poter sviluppare le competenze richieste (es. momenti di gioco organizzati con solo uno o due amici).
Possiamo anche lavorare d’anticipo e fornire al/la bambino/a il racconto di quello che potrebbe accadere al parco (anticipiamo gli eventi per poterci preparare già e magari avere a portata di mano una buona e soddisfacente alternativa).
Un discorso simile può essere fatto per quanto riguarda i giochi di società: non tutti richiedono lo stesso tempo d’attesa tra un turno e l’altro.
Ragioniamoci e non diamo per scontato che se il passatempo proposto rientra nelle capacità cognitive del/la bambino/a sia anche facile dal punto di vista sociale e relazionale. Possiamo iniziare con attività in cui il cambio turno avviene velocemente, come ad esempio un gioco di carte semplice; quando ci accorgiamo che il/la bambino/a potrebbe essere pronto/a per passare a qualcosa di più strutturato potremmo modificare la nostra proposta, offrendo un gioco da tavolo coi dadi, e successivamente crescere ancora nel grado di difficoltà con giochi di strategia. In quest’ultima tipologia di giochi all’interno del “proprio turno” è richiesto anche un ragionamento logico e di conseguenza è necessario più tempo per avanzare nella partita.
Il gioco per il/la bambino/a è come il lavoro per l’adulto: solo col tempo e con la pratica si diventa “esperti” ed è proprio per questo che non possiamo credere che i/le nostri/e figli/e nascano “capaci” di giocare come desidereremmo.
Quando e in che modo possiamo favorire un’attesa serena?
Come già accennato saper aspettare è una competenza che si acquisisce nel tempo e che aumenta quanto più forniamo ai bambini delle occasioni per sperimentarla.
In casa e fuori possiamo ipotizzare e vivere alcune situazioni in cui sia necessario dedicare tempo all’attesa: può essere utile farlo dando dei tempi precisi, utilizzando un piccolo timer o una clessidra così che il/la bambino/a abbia un riscontro tangibile del tempo che passa.
Due esempi pratici:
- “Mamma ho fame, voglio mangiare”
- “La pasta sarà pronta tra 10 minuti”
- “Io ho fame adesso, posso mangiare altro?”
- “Ti propongo di aspettare, altrimenti poi non ti gusterai il pranzo. Quando suonerà il timer sarà ora di mangiare. Intanto cosa possiamo fare per non annoiarci e pensare ad altro?”
- “Papà, giochi con me?”
- “Finisco una cosa di lavoro e arrivo”
(dopo pochi istanti)
- “Papà hai finito?”
- “Non ancora, ti chiedo di aspettare il tempo della clessidra: quando tutta la sabbia sarà scesa, potrò giocare con te, intanto perché non fai un disegno qui al tavolo?”
E così tra le varie commissioni possiamo inserire una pausa al parco o una merenda e, nel caso di un viaggio più lungo del solito, possiamo preparare uno zainetto con piccoli oggetti utili ad alleggerire il peso del dover stare fermi in auto, ma anche organizzare delle pause per guardarsi intorno e sgranchire le gambe!