“No, così stai sbagliando!” “Se fai così non va bene!!” “Te lo dicevo io che avresti sbagliato!”
Quante volte ci è capitato di sentire o dire frasi simili? È vero (e non possiamo negarlo), spesso la società ci impone un modello di “giustezza” in contrapposizione al concetto di “errore”: esistono delle prassi comuni assodate, considerate più consone e abituali per cui, laddove venga proposto altro, ci si sente inevitabilmente di fronte a qualcosa di “sbagliato”.
Siamo concentrati sul risultato finale che dev’essere il più possibile corretto, prestante e funzionale… in una sola parola: perfetto!
Ma è davvero questo quello che conta? Essere efficaci in tutto senza mai sbagliare?
L’impressione generale è che a volte l’errore sia un po’ un tabù, un qualcosa da evitare con forte impegno; chi sbaglia corre spesso il rischio d’essere giudicato e grosso modo sono due gli aspetti che emergono:
- sentimento di “paura” verso l’errore stesso. Il timore di sbagliare può trasformarsi in un vero e proprio ostacolo alla sperimentazione, al provare qualcosa di nuovo, al mettersi alla prova;
- dipendenza dal pensiero altrui. La ricerca di continue conferme esterne è una chiara conseguenza del “peso sociale” che ha un errore, piccolo o grande che sia, che si manifesta rendendo sempre più fragile l’autostima personale.
Quando scegliamo di agire, che siamo bambini o adulti, dovremmo trovare intorno a noi supporto razionale (fondamentale nell’infanzia per capire che ciò che facciamo non è dannoso per niente e/o nessuno) nonché sostegno emotivo (persone che ci supportino e ci permettano di sentirci in sintonia con noi stessi).
In una parola dovremmo trovare intorno a noi fiducia.
Perché se anche si presenta un errore o una conseguenza non prevista tutto è risolvibile. Possiamo sbagliare e all’apparenza potrebbe non esserci una soluzione, ma in realtà un modo per rimediare esiste sempre.
Ed è proprio qui che possiamo considerare l’errore come un’opportunità di crescita, un’occasione per migliorarci e affinare le nostre strategie di “problem solving”, ossia la capacità di analizzare una situazione per cercare la soluzione migliore.
Reagire con frustrazione ad un errore sentendosi giudicati crea un circolo vizioso per cui le nostre stesse azioni dipenderanno più da ciò che pensano gli altri rispetto a quello che crediamo noi come importante.
Nell’agire di ciascun essere umano c’è la propria personalità e il saper fare; gli errori non sono un ostacolo bensì tentativi d’azione.
Liberiamoci dalla pressione dell’errore! Perché corriamo il forte rischio di intralciare il nostro bambino o la nostra bambina nella conquista della propria libertà.
Facciamo di tutto perché i/le nostri/e figli/e non si sentano giudicati/e e non vengano etichettati/e come “monelli/e”, quelli che non rispettano le regole, perché purtroppo siamo condizionati da un costrutto molto pericoloso per la nostra autostima: ciò che facciamo in qualche modo ci rappresenta come persone!
Questo significa che siamo buoni genitori nel momento in cui i/le nostri/e figli/e obbediscono a ciò che chiediamo, e allo stesso tempo i/le nostri/e bambini/e saranno idealizzati come “educati” se e solo se sapranno ascoltarci senza “sgarrare”.
Ed è questo un vero e proprio errore, una convinzione limitante; infatti le nostre azioni, così come i comportamenti dei/lle nostri/e bambini/e, sono sempre modificabili e non definiscono chi siamo.
Mai, in nessuna occasione, perché la persona umana è l’insieme di molte più cose. Non uno o vari comportamenti: accanto alle nostre azioni esistono le emozioni, le modalità con cui ci relazioniamo agli altri, i valori in cui crediamo, il contesto in cui viviamo… il nostro essere è l’unione di tutti questi elementi, ben più ampi e profondi del singolo comportamento.
È bene quindi prestare molta attenzione a lodi, complimenti e osservazioni perché, proprio nelle sfumatura che diamo al nostro linguaggio, si celano messaggi diretti o indiretti che costruiscono l’idea che il bambino, o la bambina, ha di sé.
Che sia un’azione ben fatta o un errore o mancanza, teniamo a mente che il giudizio è sempre dissociato dalla persona, riferendosi in modo preciso a qualcosa di esterno a lui o lei.
“Mamma, ti piace il mio disegno?!?” “Ma bravo!!!! È bellissimo! Sei stato bravissimo!!”
“Papà, hai visto come ho colorato? Ti piace?” “Mmm..sei uscito dalle righe! Non si esce dalle righe eh!, furbetto, non volevi rispettare la regola?”
In entrambi questi esempi, la comunicazione è rivolta alla persona che, sulla base del risultato raggiunto, percepisce il proprio valore, grande o piccolo che sia. Il giudizio inoltre crea dipendenza verso l’altro, in questo caso l’adulto, la cui presenza diventa essenziale per la sicurezza del/la bambino/a stesso/a.
La mentalità a cui siamo abituati ci lega sempre più al risultato rispetto che al processo. L’errore diventa quasi un nemico da contrastare e questo spesso si traduce nella paura di un brutto voto, nel timore di non piacere, nel sentirsi inadeguati ecc.
Come possiamo affrontare al meglio gli “errori” dei/lle nostri/e bambini/e?
- Togliamoci dalla mente l’idea che il/la bambino/a non debba sbagliare. L’errore è sano e ci permette di apprendere e acquisire nuove competenze;
- Chiediamoci sempre se quanto successo sia realmente un errore o se semplicemente il nostro bambino/la nostra bambina volesse esprimersi proprio così;
- Come affrontiamo noi i nostri errori? Riusciamo a mantenere la calma predisponendoci alla ricerca di una soluzione? Rimaniamo sempre il più grande esempio per i/le nostri/e bambini/e che, osservandoci, possono apprendere schemi comportamentali più o meno funzionali.
- Non vergogniamoci di ammettere un errore anche di fronte ai/lle figli/e! Far finta di nulla o evitare di scusarsi non è certamente rispettoso del/la bambino/a che quindi percepirà l’errore come qualcosa da nascondere.
- Moduliamo la nostra reazione di fronte agli sbagli altrui: se necessario allontaniamoci dalla situazione, recuperiamo la calma così da evitare di reagire di impulso e rispondere in modo esagerato. Apriamo un dialogo e accettiamo che i/le nostri/e figli/e possano avere un punto di vista diverso rispetto al nostro. Parlare dell’errore significa aprire un’opportunità di crescita per entrambi e con i bambini più grandi ci dà anche l’occasione di strutturare una riflessione più ampia sulla società e le norme che la regolano.
- Facilitiamo e supportiamo la ricerca di una soluzione. Quest’ultimo passaggio è davvero rilevante e importante perché ci mette nell’ottica che, se anche l’errore è stato commesso, ora è il momento di ripartire.
Montessori aveva le idee molto chiare circa l’errore: il suo consiglio era quello di considerarlo come un amico, un maestro. Il/La bambino/a per sua natura non ha paura di sbagliare ed è proiettato a considerare l’errore come parte dell’esperienza. Siamo noi adulti che tendiamo a costruire una prospettiva orientata alla perfezione, all’agire senza sbagli in modo sempre più strutturato e coerente. Quello che dimentichiamo a volte è che di fronte a qualsiasi “cambio programma” o modalità diversa dal solito, si può aprire un’opportunità di crescita non indifferente che ci permette di sperimentare come individui ogni giorno più “cresciuti” di ieri.
“…Noi vedremo come il bambino lavori da sé al proprio perfezionamento. La strada giusta gli è indicata non solamente dagli oggetti che adopera, ma altresì dalla possibilità di riconoscere da solo i propri errori per mezzo di questi oggetti”.
M.Montessori, Il bambino in famiglia.