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Premi e punizioni

Perchè sono da evitare

“Premi e punizioni sono...i peggiori nemici dello sviluppo naturale del bambino. Il fantino dà lo zucchero al suo cavallo prima della corsa, ma applica gli speroni e la frusta quando c'è ritardo. Tuttavia, qualcuno di questi metodi induce l'animale a correre veloce e superbo come il cavallo delle pianure?”.
— Maria Montessori | The San Francisco Call and Post, 1915

Più di 100 anni fa Maria Montessori osservò che ricompense e punizioni non avevano gran significato per i bambini piccoli tanto che nelle classi Montessori ancora oggi non si usa mai questo tipo di modalità per modificare comportamenti errati o per incoraggiare atteggiamenti positivi.

Montessori aveva compreso che la motivazione al cambiamento il bambino o la bambina doveva prima di tutto sentirla dentro di sé, e non essere semplicemente qualcosa di necessario per compiacere l’adulto.


Per raggiungere questo obiettivo era quindi fondamentale che il/la bambino/a lavorasse prima di tutto sulla propria auto-motivazione.
Se i/le bambini/e modificano un atteggiamento che riteniamo sbagliato o ad esempio studiano solo per compiacere l’adulto e ottenere un “premio” o evitare una punizione, questo porterà risultati solo nell’immediato e probabilmente si creeranno molte situazioni di litigio tra figli/e e genitori.


Fare qualcosa di positivo o non fare qualcosa di negativo per un fine o conseguenza meramente esterna significa non vivere la propria vita e la propria volontà, ma quella di qualcun’altro.
Significa semplicemente obbedire e non sviluppare il proprio pensiero critico.
Chiediamoci quindi cosa desideriamo davvero noi genitori: dei bambini e delle bambine che da adulti rispettino il codice della strada perché è la cosa giusta da fare o solo per paura di prendere una multa?

Montessori credeva fortemente nelle potenzialità del/la bambino/a compresa quella di essere in grado di costruire una propria motivazione intrinseca, ma chiaramente questo non significa che fin dal principio lo/a vedremo miracolosamente auto-motivato/a e indipendente, con comportamenti ineccepibili e concentrato/a nei propri compiti.
La concentrazione di un piccolo essere umano ha bisogno di aiuto e allenamento per potersi sviluppare, ha bisogno di un ambiente e di una guida che lo accompagni sulla strada dell’auto-motivazione.
Non è un lavoro facile per un genitore, le cadute e i momenti di frustrazione saranno all’ordine del giorno soprattutto all’inizio, ma poi con la perseveranza si raccoglieranno buoni frutti.

Perché le punizioni non aiutano il genitore nel suo ruolo educativo?

L’effetto di un sistema educativo basato su premi e punizioni al quale molti di noi sono abituati e nel quale probabilmente ancora credono non permette al/la bambino/a di imparare a riflettere sui propri comportamenti e sulle eventuali conseguenze che questi possono comportare, perché la sua regolazione sarà dettata solo dalla reazione che si aspetta dall’adulto.
A lungo andare questo tipo di relazione educativa non solo non aiuta il/la bambino/a a crescere con consapevolezza e ad imparare a riconoscere il giusto e lo sbagliato, ma tende anche ad allontanare emotivamente genitori e figli/e.

Spesso atteggiamenti negativi o di scontro dei/lle nostri/e bambini/e sono “grida di attenzione” in cerca di un porto sicuro in cui trovare risposte accoglienti. Se ci aspettiamo che i/le nostri/e figli/e sappiano già come ci si comporti in ogni situazione, che sappiano colorare su un foglio senza sporcare mai il pavimento, che sappiano trasportare un bicchiere d’acqua senza mai farlo cadere, o che debbano comprendere il senso del dovere a scuola già dai sei anni, il problema è decisamente dell’adulto e delle aspettative che si è creato nei confronti del/la bambino/a.
Comportamenti errati non implicano automaticamente che il/la bambino/a sia “cattivo/a” e come adulti non dovremmo usare parole che finiscono per etichettare la persona anzichè il comportamento.

La sedia della riflessione o il time-out può essere un’alternativa utile alla punizione?

Negli ultimi anni si è diffusa la pratica della “sedia della riflessione” o del “time-out” che consiste nell’allontanare il bambino o la bambina che ha avuto un comportamento inadeguato, sedendosi su una sedia o in un luogo da solo senza giochi o attività perché possa pensare e riflettere su ciò che ha fatto.
Questa pratica che agli occhi di un adulto potrebbe sembrare giusta e non una punizione vera e propria in realtà lo è eccome.
In primis perché fa provare ai/lle bambini/e un sentimento di rifiuto da parte dell’adulto e in secondo luogo perché veicola il messaggio che l'amore degli altri verrà meno se non si conformeranno ai loro desideri e questo incide fortemente sull’autostima del/la bambino/a.
Inoltre non gli/le è nemmeno di insegnamento su come si possa gestire una situazione emotivamente complessa, perché in questo caso l’unica soluzione che l’adulto gli/le dà è l’allontanamento e non il confronto nella relazione.
I/Le bambini/e nella fascia dell’infanzia oltretutto non hanno ancora strutturato la propria autoregolazione emotiva perché il loro cervello e sistema nervoso, atto a controllare impulsi ed emozioni, è ancora immaturo.
Nessun/a bambino/a fino ai sei anni può avere davvero la capacità di riflettere realmente in solitudine sul proprio comportamento per modificare le sue azioni future.

In questi casi sarebbe certamente più utile e significativo per un/a bambino/a che gli adulti comprendessero i suoi sentimenti in un momento difficile, sospendendo il giudizio su di lui/lei; questo non significa non dare il giusto peso ad un comportamento sbagliato, ma piuttosto trasmettere ai/alle nostri/e figli/e che tutti possiamo sbagliare e che noi siamo lì ad accettarli/e anche nell’errore per guidarli e supportarli a fare meglio la prossima volta.
Da educatori dovremmo sempre tenere a mente che la pratica e la perseveranza di fronte al fallimento aiutano lo sviluppo del cervello dei/delle bambini/e e che è l’errore che insegna loro qualcosa, non la punizione.

Allora conviene non punire e premiare sempre?

Assolutamente no! Anche la lode e i premi se non contestualizzati ma usati a sproposito sono dannosi, perché non spingono il/la bambino/a verso la propria auto-motivazione, ma verso la ricerca costante dell’approvazione o gratificazione esterna.
Come per le punizioni anche in questo caso l'adulto diventa il giudice e la motivazione ad agire bene il/la bambino/a non la trova dentro di sé bensì fuori.
Questa è l’espressione di una "genitorialità condizionata" che insegna ai/alle nostri/e figli/e una sola cosa: a comportarsi in un certo modo per ricevere i nostri premi che diventano per il/la bambino/a un parametro per misurare quanto sia amato/a e apprezzato/a da noi.
E cos’è questo se non un altro metodo di controllo, proprio come la punizione?

Per fare un esempio concreto, quando un/a bambino/a ci mostra un lavoro di cui è orgoglioso invece di dire “che bello, ti sei meritato una caramella” o “che bravo!”, frasi che non comunicano nulla sull’impegno profuso nel lavoro fatto, potremmo dire: "devi aver lavorato duramente per ottenere questo bel risultato, sii orgoglioso di te".

Il riconoscimento specifico incentrato sull’impegno spinge i/le nostri/e figli/e a cercare una motivazione intrinseca piuttosto che l'approvazione esterna.
Se per modificare un comportamento sbagliato usiamo solo elogi e premi, quando questi non ci saranno più i comportamenti torneranno esattamente quelli di prima. La cosa più importante che dobbiamo trasmettere ai nostri figli e figlie è amore e rispetto, facendo comprendere loro che non vogliamo cambiarli/e, ma solo aiutarli/e a migliorare le loro azioni.

Dozzine di studi e ricerche suggeriscono che punizioni e ricompense non sono realmente opposti, ma due facce della stessa medaglia perché entrambe tendono a voler manipolare il comportamento. Ciò che dobbiamo far nascere e alimentare nei bambini e nelle bambine non è la domanda “cosa mi succede se non faccio quello che mi chiedono?” oppure “lo faccio così mi regalano qualcosa” ma piuttosto: "Che tipo di persona voglio essere?".

"Nessuno che abbia mai fatto qualcosa di veramente grande o di successo l'ha mai fatto semplicemente perché era attratto da ciò che chiamiamo 'ricompensa' o dalla paura di ciò che chiamiamo 'punizione'".
—Maria Montessori, La scoperta del bambino

 

BIBLIOGRAFIA

- Maria Montessori, La scoperta del bambino, 1950
- Alfie Kohn, Amarli senza se e senza ma. Dalla logica dei premi e delle punizioni a quella dell’amore, 2010
- Maria Montessori, The San Francisco Call and Post, 1915
- Michele Borba, Thrivers, 2021

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