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Ad ognuno la sua coperta di Linus

 Gli oggetti transizionali

Lasciarci andare ai ricordi risulta spesso piacevole, tornare indietro nel tempo e ritrovare immagini nella memoria di quando eravamo bambini/e ci permette di rintracciare giochi e oggetti a noi cari che ci hanno accompagnato durante le nostre giornate: non solo bambole, macchinine, costruzioni, ma anche “articoli” più particolari come vecchie magliette, pezzi di pigiama o peluche lavati, rilavati e consumati dal tempo e dalla nostra continua manipolazione. Se facessimo adesso un esperimento collettivo e ci chiedessimo quale oggetto nella nostra infanzia sia stato per noi così importante da essere ricordato a distanza di anni, immagino che qualcuno lo ritroverebbe subito nella propria banca data mnemonica, altri lo ricorderebbero pensando a delle vecchie fotografie e altri ancora lo rievocherebbero perché raccontato più volte dai propri genitori.


Se andassimo avanti con l’esperimento qualcuno potrebbe anche dire che non erano solo dei “semplici oggetti”, ma rispecchiavano qualcosa di speciale, di emotivo e di tenero e avrebbe assoluta ragione.
Si tratta di quello che in psicologia viene chiamato oggetto transizionale.
Proviamo a spiegare un po’ meglio di cosa si tratta.


L’oggetto transizionale
Si deve a D. Winnicott, pediatra e psicoanalista britannico della metà dello scorso secolo, l’ideazione del termine oggetto transizionale: esso rappresenta qualcosa di molto caro al/la bambino/a che viene utilizzato come sostituto della presenza del caregiver (la persona cioè che principalmente si occupa di lui o lei, che di solito maggiormente nei primi mesi è la mamma).


Alla nascita i/le bambini/e dipendono totalmente dalle premure materne, non solo dal punto di vista fisico con l’allattamento, ma anche da quello emotivo: la cura per i/le piccoli/e passa attraverso il nutrimento alimentare ed emotivo.

Dopo i primi mesi il/la bambino/a comincia un lento e progressivo percorso di individuazione e separazione che gli/le permetterà di “accettare” di diventare una persona diversa ed autonoma dalla mamma. In questo processo si inserisce l’oggetto transizionale: una vecchia canottiera materna, un pigiamino, un peluche, una copertina assumono un significato speciale, sono oggetti reali che il/la bambino/a percepisce come diversi da se stesso e dalla mamma e che per questo si collocano in un’area intermedia tra di loro, un’area appunto definita transizionale, cioè di passaggio.


Winnicott definisce l’oggetto transizionale come un’illusione reale, cioè il/la bambino/a sa che quel pigiamino ad esempio non è il caregiver di riferimento, ma si comporta come se lo fosse: lo prende quando ha bisogno di coccolarsi un po’ oppure quando ha necessità di rilassarsi prima di andare a dormire, alcuni/e lo utilizzano quando sono preoccupati (quando vanno dal pediatra magari) oppure rappresenta una presenza costante che viene trascinata sempre dietro in molte attività della vita quotidiana. In genere sono oggetti molto morbidi, leggeri, che possono essere manipolati con facilità e trasportati in ogni dove.


La meravigliosa capacità dei/lle bambini/e di realizzare ponti affettivi.
Chi “costruisce” l’oggetto transizionale?
Rispondere a questa domanda è molto semplice: lo fa il/la bambino/a contestualmente all’ambiente relazionale - familiare in cui è inserito/a.


I/Le vostri/e figli/e in base a ciò che vivono e a quello che sperimentano nella loro vita riescono, generalmente dai quattro mesi in poi, ad individuare qualcosa che percepiscono come diverso da sé stessi e lo “caricano” di un grande significato affettivo: ognuno tesse la propria “coperta di Linus”, essa è come un ponte affettivo: tenerla, manipolarla, giocarci permette al/la bambino/a di essere
in contatto con la persona che sente più vicina a sé. Questa grande abilità rappresenta un fattore notevole nel processo evolutivo se si pensa che viene espressa da un/a cucciolo/a di uomo alto/a nemmeno un metro!


Come i genitori dovrebbero comportarsi in merito all’oggetto transizionale?
- Spetta al/la bambino/a decidere come, quando e quale oggetto scegliere, il genitore può accompagnare la scelta, senza forzarla.


- Di solito è il/la bambino/a stesso/a che decide, una volta diventato/a grande di non utilizzare più “la sua coperta di Linus”, magari lasciandola pian piano in disparte; i genitori non dovrebbero forzare questo distacco, essendo esso qualcosa che avverrà in maniera naturale.


- Spesso i/le bimbi/e danno un nome tenero al proprio oggetto transizionale, è bene che anche i genitori lo chiamino nello stesso modo.


- A volte l’oggetto transizionale potrebbe essere utilizzato come veicolo di comunicazione: “ma quanto è stanco questo pigiamino…chissà se vorrà andare a dormire" oppure "mi sa che “Pippo” ha proprio fame…avrà voglia di mangiare anche lui?”. Questo è un modo di parlare con il/la vostro/a bambino/a passando in modo giocoso dall’oggetto che gli/le sta a cuore.


- Sembra scontato ma è giusto ricordarlo, visto che si tratta di oggetti caricati emozionalmente è bene che i genitori li trattino con cura, ponendo attenzione magari a non rovinarli ad esempio con il lavaggio o evitare di riporli in luoghi dove si potrebbero sciupare.

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