L’uomo ha sempre desiderato sin dall’antichità di poter aver al proprio fianco un aiutante che lo potesse assistere o sostituire nello svolgimento dei lavori quotidiani. Prima di realizzare i robot infatti l’uomo li ha pensati ed immaginati, dando sfogo a tutta la propria fantasia e creatività. Figure mitologiche come il Golem (in ebraico moderno Golem significa proprio Robot), un gigante di argilla della tradizione ebraica, sono l’esempio di come l’uomo, già secoli e secoli fa, sognava di poter invocare una figura forte e obbediente da poter utilizzare come servo per svolgere lavori pesanti.
Pian piano l’evoluzione della tecnologia ha portato l’uomo a creare vere e proprie macchine in grado di muoversi e compiere azioni: gli automi meccanici. Un esempio è il leone meccanico di Leonardo da Vinci che, per omaggiare il Delfino di Francia nei primi anni del 1500, quindi in epoca rinascimentale, attraverso un sistema di meccanismi meccanici azionati da molle era in grado di camminare e poi fermarsi, aprendosi il petto "tutto ripieno di gigli e diversi fiori, [...] che fu di tanta meraviglia a quel re ".
Un altro esempio è l’anatra digeritrice, un automa meccanico con le sembianze di un’anatra progettato dall’inventore francese Jacques de Vaucanson intorno al 1739; la sua particolarità era l'apparente capacità di ingerire, digerire ed espellere i chicchi di grano, simulando il processo digerente dell’animale.
Nel Novecento si iniziò poi a pensare a come i robot dovevano essere fatti (ad esempio antropomorfi) e a come dovevano anche essere utilizzati dall’uomo. Isaac Asimov, grande personaggio e scrittore di libri di fantascienza, nel 1942 scrisse le tre leggi della robotica (pubblicate nel 1950), leggi che regolano il rapporto tra l’uomo e i robot da lui inventati. La grande visione di quest’uomo sta nel fatto che in quegli anni i robot ancora non esistevano: Asimov se li era immaginati e aveva anche pensato a come questi dovevano interagire con il resto dell’umanità (roboetica).
L’introduzione dell’elettronica, le nuove fonti di energia e i sistemi di propagazione sviluppati intorno alla metà del Novecento permisero finalmente l’utilizzo del primo vero robot in ambito industriale: l’Unimate robot di George Devol, utilizzato nell’industria automobilistica dalla General Motors nel 1961.
Se le tre leggi della robotica compaiono nella scena mondiale negli anni ’50, il termine robot nasce trent’anni prima. Nel 1920 lo scrittore cecoslovacco Karel Čapek inventò la parola “robot” per il suo dramma fantapolitico-sociale R.U.R.(Rossum's Universal Robots). Il termine, che deriva dal vocabolo ceco robota (lavoro forzato/pesante), a sua volta dall’antico rabota (servitù), fu in realtà suggeritogli dal fratello Josef, pittore cubista, per denominare i lavoratori artificiali che appaiono nel dramma.
Con il termine robot si intende invece un sistema automatico in grado di sostituire l'uomo nell'espletamento di mansioni complesse in interazione con l'ambiente; è quindi una qualsiasi macchina in grado di svolgere più o meno indipendentemente un lavoro al posto dell'uomo.
Oggi i robot li usiamo in tantissimi contesti, anche al di fuori del mondo accademico e industriale; sono entrati nelle case ed anche nelle scuole come ausilio alla didattica, diventando dei veri e propri robot educativi.
Abbiamo parlato finora di robotica, ma la robotica quando diventa educativa? Con il termine robotica educativa (in inglese Educational Robotics) si individuano strumenti, processi e metodologie basate sulle teorie costruttiviste (e costruzioniste), in cui l’apprendimento nasce dal poter costruire un vero e proprio oggetto. L’ideazione, la progettazione, la costruzione, l’assemblaggio e la programmazione di un robot consentono a studenti di tutte le età di poter “imparare a imparare” (E. Micheli, “Human Centered Robotic Design” ):
- gli studenti imparano ad utilizzare banalmente il PC e i software e quindi a programmare;
- apprendono i contenuti su cui stanno lavorando (le attività di robotica sono multi- e inter-disciplinari);
- sviluppano competenze spendibili in qualsiasi settore dello studio, del lavoro e della vita quotidiana (team-working, decision-making, problem-solving, progettualità, autorialità, responsabilità, rispetto dei tempi, rispetto delle regole, e così via…).
Papert pubblicò inoltre un articolo in cui riportò la seguente frase: “L’espressione “tecnologia ed educazione” spesso significa inventare nuovi aggeggi per insegnare la solita vecchia roba nella solita vecchia maniera, rinnovata soltanto in apparenza ”. Papert voleva sottolineare l’utilizzo sbagliato della tecnologia ed era molto polemico con i suoi colleghi dell’epoca; secondo lui a fianco della tecnologia a scuola doveva esserci un approccio metodologico di un certo tipo, votato all'apprendimento degli studenti. Non basta quindi la tecnologia da sola, ma bisogna riflettere sugli aspetti metodologici che permettono di sfruttare a pieno la tecnologia e di renderla veramente utile e funzionale all’apprendimento.
Ricercatori di tutto il mondo hanno studiato gli effetti delle attività di robotica educativa sui partecipanti, scoprendo che, oltre a innescare l’interesse e la consapevolezza dei ragazzi verso il mondo della tecnologia e della robotica, i cambiamenti più evidenti si verificano nelle competenze collaborative e comunicative.
La robotica educativa si può affrontare in diversi modi: con robot preassemblati programmabili, con i kit didattici e i rispettivi software o con i simulatori. Tutte le modalità sono valide, ma hanno approcci e peculiarità differenti. Non bisogna preoccuparsi del fatto di dover usare anche dei simulatori per fare robotica educativa, perché in verità realtà e simulazione vanno di pari passo. I benefici dell’utilizzo di simulatori robotici per la didattica sono molteplici, ma ci sono anche degli aspetti negativi.
Simulatori - Pro: | Simulatori - Contro: |
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Il discorso sui kit robotici educativi è un po’ l’inverso rispetto a quello dei simulatori: la manipolazione degli elementi e delle componenti del robot, la costruzione manuale, l’idea e la progettazione di un nuovo artefatto robotico, il team working e le altre skills sviluppabili sono le fondamenta delle attività di robotica.